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Foto trovata su venturacountyteaparty.ning.comPrima prova del fuoco per il partito repubblicano, ormai stabilmente nel mirino dei Tea Parties americani. I sussidi per i biocarburanti sono adorati dalle lobbyies degli agricoltori, da sempre vicine al GOP, ma costano tanto e non hanno senso. Vedremo se gli eletti avranno capito o se proveranno a fare i furbi.

Quando tre settimane fa Washington si è svegliata con una nuova maggioranza alla Camera e una serie infinita di nuovi centri di potere sparsi su tutto l’enorme territorio dell’Unione (ogni singolo Tea Party locale), forse non tutti si sono subito resi conto delle vere conseguenze di questo sommovimento tellurico della politica a stelle e strisce. Parecchi, anche tra i beneficiari della suddetta ondata elettorale, si sono illusi di poter continuare a fare i comodi loro, corteggiando gruppi di potere ed intascando lauti “benefits” sotto le più svariate forme immaginabili.

Gli eventi di questi giorni forse stanno iniziando a cancellare queste delusioni cliniche. Fin dalla mattina del trionfo, tutte le organizzazioni che sostengono i Tea Parties hanno continuato il loro impegno come se niente fosse successo, guardando subito alla prossima battaglia da combattere. Basta fare un giro nei siti di FreedomWorks e Tea Party Patriots per rendersi conto di come la macchina organizzativa non abbia mai nemmeno rallentato.

FreedomWorks sembra in questo momento la più attiva, visto che sta portando avanti due campagne allo stesso tempo, la petizione per evitare quei trucchetti durante la sessione dell’anatra zoppa che molti (incluso il sottoscritto) temevano come la peste e una nuova azione per bloccare la nomina del veterano repubblicano alla Camera Fred Upton alla potente presidenza dell’Energy and Commerce Committee. 

I più grandi e meno strutturati Tea Party Patriots, invece, stanno concentrando le risorse sugli incontri con i neo-eletti e l’organizzazione del Perpetual Legislative Watch /Congressional Accountability Project, un gruppo di attivisti incaricato di tenere i fucili puntati su ogni deputato e senatore per poi chiamare a raccolta il resto della galassia dei Tea Parties al primo segnale di “scivolamento”.

A cosa servono questi sforzi, visto che le elezioni sono lontane quasi due anni? Beh, se non altro a far sentire sia ai deputati uscenti sia ai neo-eletti che il movimento è vivo e non sarà disposto a tollerare furbate. Cosa che si rivelerà preziosa quando si dovrà votare il rinnovo della miriade di finanziamenti, sgravi fiscali ed incentivi che hanno contribuito a far esplodere il debito pubblico americano. L’articolo che trovate qui sotto parla della prima, importante battaglia contro gli “special interests” (che a me piace tradurre liberamente con la più familiare parola “furbetti”), la cancellazione del sussidio federale sull’etanolo, biocarburante che in America viene in gran parte prodotto a partire dal mais e da altre graminacee commestibili.

Con la scusa dei carburanti “verdi”, le lobbies agricole hanno fatto affari d’oro, mentre gli effetti sull’inquinamento e sull’ambiente sono stati trascurabili (l’etanolo prodotto dagli scarti della lavorazione della canna da zucchero, come quello brasiliano, è molto più sensato da entrambi i punti di vista). I senatori Coburn e DeMint, amatissimi dai Tea Parties, si sono presi la briga di uccellare questo ridicolo programma, sfidando le ire dei furbetti che si vedrebbero togliere bei soldoni gratis.

Come andrà a finire lo vedremo solo tra qualche settimana ma una cosa è certa: se si troverà il modo di estendere i sussidi le conseguenze per il GOP potrebbero essere serie, specialmente a medio-lungo periodo. Quando Marco Rubio disse che gli elettori avevano dato una seconda chance ai repubblicani ha evitato di dire due parole, che avrebbero fatto drizzare i capelli a molti veterani e lobbyisti. La frase completa avrebbe dovuto essere “una seconda ed ultima chance”. Se qualcuno ancora non ha capito, lo farà sicuramente da qui al 2012. Il tempo dei trucchi è finito. Ora bisogna fare sul serio. Se solo lo capissero anche in Italia…

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La fine dell’etanolo?
Jonathan H. Adler
Originale (in inglese): The Volokh Conspiracy
Traduzione in italiano: Luca A. Bocci

Forse è l’aria nuova che tira al Congresso, forse le stelle si sono allineate. Qualunque sia la causa, l’opposizione ai sussidi per l’etanolo sta spuntando in posti quantomai strani ma proprio al momento giusto, visto che, tra qualche settimana, le deduzioni fiscali per l’etanolo dovrebbero scadere.

Nel 2000, l’allora vice presidente Al Gord diceva che i sussidi per l’etanolo erano ottimi per gli agricoltori e anche per l’ambiente. Questa dichiarazione non sorprese nessuno, visto che l’amministrazione Clinton-Gore, attraverso il Clean Air Act, aveva fatto di tutto per allargare gli obblighi per l’uso dell’etanolo. Ora lo stesso Gore ammette che, anche se hanno aiutato parecchio chi coltivava mais, i sussidi non hanno fatto granché per l’ambiente. La Reuters scrive:

Secondo Gore, che parlava ad una conferenza di uomini d’affari delle energie ‘verdi’ sponsorizzata dalla Marfin Popular Bank, “mantenere questi enormi sussidi per l’etanolo di prima generazione prodotto in America non è una politica positiva. Includere l’etanolo di prima generazione fu un errore. I tassi di resa energetica sono molto piccoli, anche nel caso migliore. Il problema è che, una volta fatto partire il programma, le lobbies fanno di tutto per mantenerlo in vita.

Nel frattempo, dall’altra parte della barricata politica, i senatori Tom Coburn (Rep – Oklahoma) e Jim DeMint (Rep – South Carolina) stanno concentrando l’attenzione sui sussidi all’etanolo, che vedono come l’ennesimo trucchetto di politica energetica favorito dai gruppi di interesse che dovrebbe essere combattuto fermamente fsia da chi sostiene il libero mercato sia dagli ambientalisti.  Greg Sargent scrive:

Con miliardi in sussidi all’etanolo che dovrebbero scadere quest’anno, incluso un credito fiscale di 45 centesimi a gallone per le miscele all’etanolo che ha aggiunto circa 5 miliardi di dollari al deficit solo l’anno scorso, sembra che i senatori DeMint e Coburn siano intenzionati a portare avanti la battaglia fino alle estreme conseguenze.

DeMint, il quale ha scosso l’establishment del GOP riuscendo ad attrarre il supporto necessario per un bando agli emendamenti alla finanziaria, ha dichiarato, in una e-mail diretta a me:

“I mandati governativi ed i sussidi fiscali sull’etanolo hanno portato a peggioramenti nell’efficienza dei motori per auto, impattato in maniera negativa l’ambiente ed aumentato i prezzi degli alimentari. Washington la deve smettere di scegliere chi vince e chi perde nel mercato ed invece permettere agli americani di scegliere da soli”.

Il senatore Coburn ha aggiunto in una mia intervista che “dobbiamo lasciar scadere i sussidi per l’etanolo e dobbiamo avere energie sviluppate secondo le leggi di mercato”. Secondo lui i senatori che non sono disposti a lasciarli scadere “stanno solo mettendo gli interessi di certe botteghe prima di quelli del paese”.

Coburn ha poi aggiunto che un rinnovo dei sussidi mostrerebbe che i repubblicani non hanno capito il messaggio che la vittoria elettorale gli avrebbe dovuto dare, ovvero che bisogna ridurre le spese, come richiesto dai Tea Partiers a proposito del blocco degli emendamenti.

Come fa notare Jonathan Zasloff, la faccenda dell’etanolo offre ai repubblicani l’opportunità di dimostrare come la riduzione dell’interventismo statale possa migliorare la situazione dell’ambiente.

L’etanolo è una proposta perdente in ogni caso: costa moltissimo, è pessima per l’ambiente e non fa niente a parte arricchire i soliti furbetti. Inoltre è particolarmente negativa per il clima, visto che le emissioni necessarie per produrre un litro di etanolo sono addirittura superiori a quelle che si ottengono usando della semplice benzina. Complimenti ai senatori Coburn e DeMint per aver intrapreso questa battaglia.

Se i repubblicani non riescono a mobilitarsi sull’etanolo, non farà che dimostrare quanto il loro impegno per limitare le spese pazze del governo fosse superficiale e dare ulteriore spago a chi sostiene che i repubblicani sono a favore di una riduzione dell’intervento statale solo quando fa comodo a certe potenti lobbyies.

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