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Immagine trovata su squidoo.comTutti fanno un gran parlare di Gheddafi, dei dittatori, di cosa sia giusto o non giusto fare. L’Apolide, ora come ora, non ha un’opinione, visto che non legge praticamente niente da settimane sull’argomento. Non molti mesi fa, quando era decisamente più informato, la pensava così. Il titolo spiega il resto.

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Per la serie, cosa fai quando lavori letteralmente quindici ore al giorno e non hai le forze necessarie per metterti a pensare, tradurre, esprimerti? Semplice, ricicli qualche vecchio articolo che può essere sfuggito ai frequentatori dell’antro. Spero di farvi cosa gradita riproponendo l’articolo che la parte (ogni tanto fin troppo) seria dell’Apolide aveva pubblicato sul “Legno Storto” lo scorso settembre. Se allora qualcuno mi avesse detto che sette mesi dopo sarei stato a quasi-Londra a lavorare come giornalista-giornalista-pagato-per-fare-il-giornalista per una ditta leader mondiale nello streaming di video e notizie sportive lo avrei preso sonoramente a mazzate non metaforiche. Allora sembrava una cosa impossibile. Invece è successo davvero, nonostante talvolta fatichi ancora a rendermene conto. Ora vi saluto, esco dall’antro e spengo la luce, visto che tra quattro ore poco più devo sparaflasharmi fuori dal letto e trotterellare verso l’ufficio per occuparmi delle mie adorate highlights dell’NBA (I LOVE THIS GAME!). Commenti come al solito graditissimi. Buona notte e buone botte (cinquanta punti apolidi a chi coglie questa citazione anni ’90).

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Il dilemma dei Liberali
Luca A. Bocci
Prima pubblicazione: Il Legno Storto, giovedì 02 settembre 2010

Ogni tanto capita di leggere un articolo che sembra costringerti a sederti e riflettere sugli argomenti da esso sollevati. A compiere questo piccolo miracolo, oggi, è stato l’intervento di Paolo Della Sala; parlava di come i liberali italiani soffrano di “papismo”, ovvero di applicare l’inflessibile visione del mondo della Chiesa Cattolica ad ambiti che con la religione hanno poco o niente a che fare. Per lui, sostenere che con i dittatori non si deve avere niente a che fare e trincerarsi nella difesa ad oltranza dei diritti umani, del governo rappresentativo e della libertà individuale sarebbe una posizione dottrinaria, figlia della sudditanza ideologica che il gracile liberalismo italiano ha sempre subito nei confronti delle apparentemente monolitiche ideologie avversarie, lo statalismo ed il paternalismo sociale.Solitamente accolgo gli articoli di Della Sala con commenti inevitabilmente favorevoli. Stavolta, invece, i dubbi sono tanti. Il punto di partenza non è dei più interessanti: nonostante il clamore sollevato dai media, ansiosi di trovare fuffa per riempire le scatole vuote che chiamano telegiornali, le sceneggiate del colonnello della Tripolitania sono talmente patetiche da essere ignorate perfino da buona parte dei media arabi. Ma le considerazioni sui “peccati originali” del liberalismo italiano non si possono accantonare senza una seria riflessione.

Quel quindici e rotti per cento di italiani che, chissà quanto consapevolmente, si definisce “liberale”, avrà tanti difetti, ma non mi sembra di aver mai notato un eccessivo attaccamento ai dettami del liberalismo classico. A quanto è dato capire, Della Sala approva e consiglia ai liberali italiani di seguire il metodo dei paesi anglosassoni ovvero “usare tanti paroloni ma tenere gli occhi ben puntati sul portafoglio”. Quindi, il fatto che il governo di Sua Maestà Britannica faccia dichiarazioni di principio in difesa dei diritti umani ma che poi sia prontissimo a dimenticare i principi fondamentali del suo ordinamento pur di fare accaparrare ai vari “campioni nazionali”, bene ammanicati e munifici di consulenze, lucrosi contratti con i peggiori dittatori del mondo sarebbe una pratica non solo accettabile, ma anche commendevole, alla luce della “ragione di stato” e del cosiddetto “interesse nazionale”. Scemi, o magari infantili, sarebbero quei liberali che si trincerano dietro una visione del mondo in bianco e nero, predicando la dottrina del “cordone sanitario” morale, politico ed economico nei confronti dei satrapi sanguinari che infestano il pianeta.

Se dal punto di vista della teoria delle relazioni internazionali non posso che condividere un approccio “realista”, che tolga dall’analisi delle scelte politiche considerazioni morali, le conseguenze pratiche di una tale posizione non sono affatto trascurabili. C’è infatti chi afferma che il ritorno in auge di regimi illiberali, dirigisti e violenti come quelli che dominano Russia e Cina, sia stato favorito proprio dal vizio principale dell’Occidente; parlare bene, ma razzolare molto male. Non è certo questo il luogo per perdersi in considerazioni filosofiche, ma forse è il caso di chiedersi se incitare un’area politica che soffre da sempre le conseguenze della rissosità, della faziosità e della cronica mancanza di organizzazione della sua classe dirigente a “vendere l’anima” in cambio di non si sa bene cosa sia o no una scelta da condividere.

È forse colpa della “dottrinite” dei liberali italiani se gente come Fini (ex fascista sempre statalista), Casini (ex democristiano sempre paternalista) o Rutelli (ex radicale sempre amico della poltrona) possono spacciarsi impunemente come liberali senza essere sommersi da una grassa risata? È forse colpa dell’intransigenza di non si sa quali dirigenti della nostra area di riferimento se è dai tempi del putsch della magistratura che non riusciamo ad avere una struttura degna di questo nome che unisca, stimoli e sostenga le iniziative dei tanti singoli che continuano a portare alta la bandiera del liberalismo? Davvero si crede che se, ad esempio, qualche leader liberale si esprimesse a favore di una politica estera all’insegna del mercantilismo spicciolo inizierebbero a fioccare contributi copiosi verso le fondazioni liberali?

Secondo della Sala e Andrea Gilli, che interviene sull’argomento su Epistemes, Gheddafi ci terrebbe in scacco per due ragioni molto concrete: le forniture energetiche e la collaborazione al traffico di immigrati clandestini diretto verso le coste della Sicilia. Ecco perché bisogna sempre scendere a patti con il lunatico predone del deserto che, dopo aver preso il potere con la forza, ha subito pensato opportuno cacciare decine di migliaia di coloni italiani che avevano passato quasi sessant’anni a tentare di coltivare le pietraie della Cirenaica. Il satrapo sanguinario chiede il risarcimento per i danni dell’occupazione coloniale e noi subito pronti a concederli, con un bell’inchino e ringraziamenti per la sua generosità. E noi liberali dovremmo essere pronti ad accettare comportamenti del genere? Sul serio? Siamo seri, per cortesia.

Il “ricatto” dei tiranni è sempre una minaccia capace di impaurire solo chi ha secondi o terzi fini. Della Sala parla di “inchiodare il despota coi chiodi del business”. Sarà, ma sono molto scettico. In tanti anni passati nel mondo degli affari internazionali, l’unico effetto del business negli stati illiberali è stato quello di mantenere in piedi le classi che appoggiano le dittature. Mettiamo che l’ENI vinca qualche contratto con paesi dominati da regimi autocratici ed illiberali: pensiamo davvero che serva a promuovere la causa liberale? O forse non fornirà al satrapo di turno una bella riserva di fondi neri da usare per foraggiare amici, alleati o, magari, tenersi buoni gli estremisti islamo-fascisti con forniture di armi, documenti falsi o fondi per le operazioni nel “dar al-harb”? Il paese ha bisogno di energia e protezione dall’invasione di immigrati illegali? Bene, provveda in proprio. Non è impossibile, basta avere la forza morale e la volontà politica di compiere scelte coraggiose, sostenendo poi con la schiena dritta l’attacco dei piagnoni cattocomunisti. Il liberalismo italiano non gode certo di buona salute, ma credo che convertirsi all’affarismo acritico non sia un passo nella direzione giusta. Anche perché, se c’è da fare delle schifezze, le imprese sanno da chi andare. La premiata ditta DC-PCI era e continua ad essere imbattibile. Inutile provare a fargli concorrenza.