C’è chi parla e promette, pestando l’aria nel mortaio della politica politicante. C’è invece chi, nonostante il tempo inclemente, è uscito di casa per parlare di libertà, Tea Parties e futuro. I numeri certo non sono stati straordinari, ma contro il termometro si può ben poco. C’è tanto da lavorare…
Mantengo la promessa fatta ieri con colpevolissimo ritardo (midispiace-midispiace-midispiace) causa ennesima trasfertina para-lavorativa, anche se mi trovo in una situazione spiacevole. Visto che nell’antro il politichese è da sempre bandito, non mi nasconderò dietro ad un dito e dirò subito quello che in dodici anni di politica non ho mai sentito dire a nessuno: il Tea Party a Pisa sarebbe potuto andare meglio. La situazione spiacevole è dovuta al fatto che, per evidenti ragioni geografiche, non è bellissimo che il primo evento fatto nel proprio “backyard” non sia stato un successone clamoroso. Il piccolo politico che alberga ancora nella mia testa mi spingerebbe a cercare scuse, dire che Pisa e la Valdera (casa mia) da sempre fanno storia a sé, che questo è stato il primo evento organizzato in una provincia dove il centro-destra è da sempre attaccato all’ossigeno, che la realtà politica pisana è tutta basata sul negare l’esistenza dell’avversario, nel finto unanimismo, ma non voglio nascondere che le cose non sono andate come speravamo.
Tornare al “Pick a Flower” dopo tanti anni è stato una specie di tuffo al cuore. Posizionato a pochi passi dalla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, il Wine Bar che ha ospitato il primo Tea Party pisano non è un posto qualsiasi per l’Apolide. Proprio qui, nella saletta inferiore, dove si riunivano i venti squinternati che nel 1995 diedero vita al giornale universitario “IL – Informazione Liberale”, il sottoscritto si è guadagnato il suo soprannome (e forse l’iscrizione nei libri del Mossad) con un articolo al vetriolo contro il diplomatichese usato dallo ambasciatore d’Israele in una conferenza tenuta nella sua facoltà. Appena girato l’angolo, il primo dei tanti amici conosciuti in anni di militanza ed una sensazione antipatica: sarà una delle solite riunioni “di area”, dove ci si conosce tutti e si finisce col fare i soliti discorsi di sempre.
Entrato nel bar, le prime, piacevoli sorprese. Facce nuove. Il sacro graal del politico italiano, l’unica cosa capace di animare ogni incontro politico o para-politico. Basta che arrivi una persona nuova e l’uditorio si rianima. Tutti a farsi le stesse domande: chi è, cosa fa, di chi è, cosa vuole, può rompermi le uova nel paniere. Stavolta, l’atmosfera è diversa. Il Tea Party non è un partito. I nuovi arrivati non sono una minaccia, ma una grande opportunità da sfruttare al massimo. Subito a salutare, a scambiarsi i numeri di telefono, a programmare nuove iniziative, nuovi percorsi politici, organizzativi. Dopo qualche tempo, una incredibile constatazione: nessuno parla del voto avvenuto poche ore prima a Montecitorio. Può sembrare incredibile, ma le cose stanno così. Tanti parlano di programmi futuri, altri parlano di principi, di come riportare la politica su binari di responsabilità e rispetto degli individui. Il politichese non abita qui.
Alla fine, le chiacchiere lasciano il posto all’evento vero e proprio, la presentazione di “L’ora dei Tea Party”, il meritorio, informato ed interessante libro scritto dall’amico Marco Respinti. Dopo i saluti di Riccardo Maria Cavirani, vice coordinatore nazionale di Tea Party Italia e l’intervento insolitamente contenuto (heh) di Cosimo Zecchi, responsabile organizzativo del movimento, Marco Respinti inizia a parlare di cose che normalmente non si sentono nelle conferenze e negli incontri pubblici, come le radici medievali dell’autogoverno delle colonie britanniche in Nord America, di come la rivoluzione americana sia stata una reazione al “tradimento” di tali principi da parte del governo imperiale di Londra, di come i Padri Fondatori fossero estremamente riluttanti all’idea di rompere il legame con la madrepatria. Le circa cinquanta persone presenti all’interno del “Pick a Flower”, comodamente sedute sui divanetti tutti attorno ai relatori, ascoltano attente, riservando le domande per l’aperitivo finale.
Certo non una conferenza come tutte le altre. Una formula che funziona? Difficile giudicare. Bisognerà riprovare altrove, in un periodo meno infelice, con temperature più ragionevoli e magari lontani dalle feste comandate. Sicuramente bisognerà dedicare più attenzione alla promozione, strutturare meglio il gruppo locale, imitare il percorso scelto dagli amici genovesi o dai perugini, che stanno preparando da tempo i rispettivi eventi. Comunque, non tutto è da buttare. Nonostante il gran freddo, il periodo pre-festivo, non c’erano i soliti attivisti noti e stranoti, non c’erano gli scontenti di questo o quel partito, c’erano giovani, c’erano persone se non del tutto nuove alla politica che se ne erano allontanati da anni. Una grande opportunità ma anche una responsabilità non da poco per il Tea Party italiano. Vietato sbagliare, amici. Il lavoro vero inizia dopo le presentazioni, quando si tratterà di crescere e radicarsi nelle cento e passa province italiane.
Dopo le classiche chiacchiere post-evento, nuovi scambi di numeri di telefono, nuovi incontri da programmare, l’Apolide dà un’occhiata all’orologio e si accorge di essere in ritardo per il secondo appuntamento della serata, l’incontro organizzato dal gruppo consiliare del PdL di Ponsacco e dal gruppo “Giovani per un Pensiero Forte”. Niente tempo per cenare, tocca inforcare lo scooter, farsi trenta chilometri sulla superstrada con la temperatura già sotto lo zero ed arrivare giusto in tempo per fare due chiacchiere con gli organizzatori. Bellissima sala, tanti posti, promozione ben fatta, con tanto di affissioni murali, un giornale scritto dai ragazzi di “Giovani per un Pensiero Forte” e imbucato nelle case di tutti gli abitanti di Ponsacco pochi giorni prima dell’incontro. L’affluenza? Buona, ma certo non quello che si aspettavano gli organizzatori. Marco, come al solito, fa un ottimo intervento, contribuendo a chiarire le idee su cosa sia questo meraviglioso fenomeno chiamato Tea Party, opera della quale gli saremo sempre grati. Le domande del pubblico ci sono; non sono quelle che si aspetterebbe chi è leggermente più edotto sulla materia, segno che il compito “pedagogico” del Tea Party italiano è ancora lungi da terminare.
Una bella serata, insomma, che sarebbe normale in un posto qualsiasi ma che, nella addormentata e rossissima provincia pisana è forse straordinaria. Forse c’eravamo abituati troppo bene a forza di girare l’Italia e vedere tanta gente, tanto entusiasmo. Qui la battaglia sarà più dura, ma il guanto di sfida è stato lanciato anche sotto la Torre. Già dalla settimana prossima inizieranno gli incontri regolari, dove si parlerà di organizzazione, struttura, metodo, dove impareremo insieme cosa voglia dire fare un vero Tea Party, una vera unione di cittadini che volontariamente e per fedeltà a certi principi non negoziabili decidono di impiegare parte del loro tempo libero per coinvolgere sempre più amici e concittadini in battaglie per riprendersi il destino nelle proprie mani, per essere di nuovo responsabili del proprio futuro, per combattere chi continua a vedere il popolo sovrano come una marea di bambini idioti. Sarà una grande avventura. Martedì è stato solo l’inizio. Alla fine il cuore e l’entusiasmo dei “partygiani” pisani non è riuscito a sconfiggere il freddo fisico e politico della steppa del Valdarno. Zero ad uno. La partita è solo iniziata; il risultato non è affatto deciso. Gambe in spalla, ragazzi. Vinceremo noi.
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Guarda, io penso (e non vuol essere un pour parler di circostanza, magari se hai visto in giro qualche volta su FB ecc. sai che quando la cosa non mi quadra non le mando certo a dire – tra l’altro è il motivo per cui la mia popolarità rimarrà sempre a livelli di 0,x 😀 chissene) che l’impresa pisana sia grande.
E’ facile fare proseliti dove magari il centrodestra è più presente e quindi (in teoria, ma molto, moooolto in teoria) il pensiero liberale più radicato o più facile da radicare (chiaramente la realtà smentisce queste mie parole, visto che per ipotesi il pensiero liberale non è che abbia attecchito granché nel cdx, ma è giusto per capirci…). Siete nel cuore dell’Italia più rossa, ci vuole già coraggio ad organizzare una manifestazione del genere, figuriamoci se poi questa va “non bene come ci si aspettava”, ma quindi non è andata così male come poteva anche andare, e poi se ci sono giovani facce nuove… I giovani degli “altri”, ieri, a Roma, si è visto cosa hanno combinato.
Siete “di frontiera”, siete partiti e siete convinti di voler andare avanti. Complimenti, davvero
Grazie dell’incoraggiamento, inVisigoth, ci voleva davvero. In effetti ieri sera (beh, notte, visto che sono rientrato alle tre dopo aver parlato per ore con alcuni gagliardissimi giovani della Valdera di cose serissime) quando sono tornato a casa avevo nella rubrica un tot di numeri di telefono nuovi, di ragazzi capaci e motivati. Cosa che in dodici anni di politica “normale” non era mai successa. La voglia di fare politica in maniera diversa, parlando di principi, di cose estremamente pratiche, conducendo battaglie vere, fatte in maniera non strumentale, non per far fare carriera a questo o a quel politico, ma per promuovere, con il potente strumento dell’endorsement, persone serie disposte a vincolare la propria libertà d’azione ad un impegno solenne con un soggetto veramente popolare, c’è e sta crescendo. I giovani, ringraziando Dio, non sono solo gli inutili idioti di Roma. C’è tanta gente di buone letture, intelligente, ansiosa di agire in maniera finalmente efficace. Basta proporre un metodo nuovo di fare politica e l’entusiasmo viene fuori. La nostra è una scommessa; tanti ci ignorano, pensano che sia solo una boutade, che ci siano dietro chissà quali poteri. Anche in America hanno fatto lo stesso errore. Faranno la stessa fine. Ne sono più che certo. Un’altra politica non solo è possibile, è necessaria. Ci arriveremo anche noi. Con fatica, errori, vicoli ciechi, ma ci arriveremo.
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se permettete il cuore rosso d’italia è l’Umbria non scherziamo.
p.s. visto che è la prima volta che commento ne approfitto per i complimenti al blog
Prima di tutto, benvenuto nell’antro ad astrolabio (ed io che pensavo di aver espresso il massimo della creatività con il mio nick “strano”…) e grazie per i complimenti immeritati (si fa quel che si può).
In quanto al “cuore rosso”, da queste parti usa il detto “cencio che dice male di straccio”, il che, nel nostro caso, si potrebbe tradurre con un italianissimo “mal comune nessun gaudio”. Anche l’Umbria soffre del dominio della “lega dell’Appennino”, tanto e quanto la Repubblica Socialista Sovietica di Toscana. Strategicamente, però, il cuore pulsante del potere rosso è la Toscana Infelix, anche solo per dimensioni e portata del malaffare. Pensa solo a Siena, al saccheggio indegno del Monte dei Paschi, ai furti quotidiani su università ed ospedali. Anche perché, con il risveglio dell’Emilia, i feudi intoccabili si stanno restringendo. Solo in Toscana e Umbria la tracotanza sinistra si esprime in tutta la sua forza. Sono talmente sicuri di essersi comprati proprio tutti da fare le porcate più indegne senza nemmeno nascondersi. Cosa della quale avranno modo di pentirsi amaramente. Just wait and see.
“Sono talmente sicuri di essersi comprati proprio tutti da fare le porcate più indegne senza nemmeno nascondersi.”
un consigliere regionale e al contempo presidente delle municipalizzate è indagato per peculato dopo che hanno trovato un file con 1500 raccomandazioni per assunzioni (tramite intercettazioni si è saputo che era in cambio di appoggio politico etc) insomam leggo il giornale e vedo che ha partecipato con una scuola elementare ad una cosa che chiamavano “presidio per l’acqua pubblica”.
ma ci sarebbero un milione di apisodi esemplari questo è solo quello che mi ha fatto cascare le braccia per la faccia tosta.
Ciumbia, che botta! Questa non la sapevo proprio! Fa il paio con le porcate di FirenzeParcheggi, opportunamente “tralasciate” dai media locali (comprati a suon di messaggi istituzionali e pubblicità pagata coi soldi di tutti).
E nonostante tutto i sinistri continuano a stravincere, vero? Da non credersi.
Bisogna che legga più spesso la cronaca locale. Magari non sarà stimolante come la politica USA, ma può ancora essere istruttiva.
Grazie, astrolabio. E speriamo che qualcun altro si svegli prima che sia troppo tardi per le nostre povere città.