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Foto trovata su randysroundtable.blogspot.comSul “New Republic” si discute sul come valutare la disfatta democratica; un politologo crea un modello statistico secondo il quale i democratici avrebbero comunque perso 45 seggi alla Camera, anche senza Obama. Puzza tanto di paura, disperazione e un desiderio spasmodico di salvarsi il posto.

Meno uno; ormai ci siamo, gente. La vigilia di quelle che anche il sottoscritto ha spesso e volentieri definito “le elezioni più importanti degli ultimi due secoli” è finalmente arrivata. A tutti i frequentatori dell’antro che si aspettavano (giustamente) una raffica di post con indiscrezioni, scoop, dietro le quinte e voci di corridoio devo fare le mie scuse. Cos’è successo, un attacco improvviso di pigrizia? Magari. Il fatto è che, grazie all’amico Salvatore Antonaci, sono stato coinvolto nella diretta speciale prevista da TV Radicale che andrà in onda domani dalle 23 ad almeno le 6 di mattina. Una diretta web di sette ore da realizzare senza un soldo, con un gruppo di lavoro che si tiene in contatto solo tramite la Rete, interventi da preparare, collegamenti da mettere a punto, tutto in un weekend lungo e con la gente fuori città. Insomma, una delle pazzie che il sottoscritto trova sempre irresistibili (proprio vero, sono nato fesso). Chiaramente tutti i frequentatori dell’antro sono caldamente invitati a partecipare alla diretta interattiva: basta andare sul sito di TV Radicale e, magicamente, apparirà la trasmissione con tanto di chat istantanea per comunicare con gli indegni presentatori della serata. Se avevate qualche insulto da lanciare in diretta al sottoscritto, questa è la vostra occasione. Fatevi sotto.

L’articolo di oggi? Giusto, me ne stavo quasi dimenticando. Oggi si parla di pronostici, di modelli statistici per prevedere il risultato delle elezioni e di tante altre cose interessanti. Il post che Tom Maguire ha pubblicato su JustOneMinute, riprendendo l’articolo di Jonathan Chait sul “New Republic”, forse interesserà solo i political junkies come il sottoscritto. Sicuramente rinfocolerà le garbate polemiche con qualche frequentatore dell’antro (sì, LucaS, sto parlando con te) sull’efficacia di modelli, sondaggi o strumenti di indagine statistica una volta applicati alla politica. Da testa dura quale sono, continuo a rimanere sulle mie posizioni, dicendomi ancora una volta incredibilmente scettico nei confronti di chi affermi di poter prevedere come sarebbero andate le cose in condizioni “normali” e da lì trarre conclusioni sull’efficacia delle politiche messe in atto da un’amministrazione. Sarà che sono diventato super-cinico, ma la puzza di manovra da Soccorso Rosso d’antan si sente da questa parte dell’oceano. Comunque le considerazioni non sono peregrine e qualcuno potrà trovarle interessanti. Ora mi vedo costretto a tagliare in maniera poco cerimoniosa, visto che devo ancora far rientrare nei tempi previsti quattro interviste, trovare dei video che non facciano a botte con il parlato, montarli insieme e trasmetterli al mio regista, che tornerà in postazione solo domani. Il prossimo che mi dice che i blogger fanno la bella vita lo prendo a schiaffi.

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Fare modelli della politica
Tom Maguire
Originale (in inglese): JustOneMinute
Traduzione in italiano: Luca A. Bocci

Jonathan Chait sul “New Republic” fa alcune buone considerazioni sul come stabilire una base per giudicare meglio la prossima sconfitta democratica:

Certamente è legittimo mettere in dubbio le politiche o le tattiche attuate dall’amministrazione Obama. Ma prima di iniziare a parlarne, bisogna stabilire delle aspettative minime, una sorta di base. Che tipo di risultato ci potremmo aspettare in condizioni normali? Chiaramente, visto il clima normale, non è razionale pensare che il partito di maggioranza riesca ad uscire indenne dalla tornata elettorale. Prima di dare la colpa della sconfitta ad errori di comunicazione, politiche troppo timide o troppo socialiste, prima devi stabilire come si sarebbero comportati se avessero usato politiche o comunicazioni più tradizionali.

Il politologo Douglass Hibbs ha proposto un modello statistico delle prossime elezioni. Tiene in considerazione tre fattori:

1. Il fatto che si tratta di elezioni di medio termine, nelle quali, solitamente, il partito del presidente perde posizioni.

2. La “esposizione” del partito al potere — più seggi hai, più ti sei spinto in territorio ostile, il che rende più probabile perdere seggi.

3. La crescita del reddito personale, che influenza pesantemente il passaggio da un partito all’altro.

Il modello non include i tassi di approvazione per il lavoro del presidente. In effetti, non include nient’altro che fattori strutturali. Secondo questo modello, i democratici dovrebbero perdere (in condizioni normali ndT) 45 seggi alla Camera.

Larry Sabato dice che ne perderanno 55; la stima più recente da parte di Nate Silver parla di 53 seggi conquistati dai repubblicani, che li porterebbe ad un totale di 232.

Se queste previsioni dovessero verificarsi, Obama e la sua squadra di progressisti avrebbero causato la perdita di pochi seggi addizionali. Ora, facendo un passo indietro, ci si potrebbe domandare se davvero i democratici non avessero potuto fare niente per migliorare lo stato dell’economia (il che avrebbe migliorato la crescita del reddito personale). Dire che i democratici perderanno dei seggi perché gli si darà la colpa per il pessimo stato dell’economia evita una domanda cruciale; se ne siano responsabili o no. Nessuno pensa che il presidente abbia davvero il controllo totale sull’economia, ma forse il signor Chait vuol farci credere che l’attuale stato dell’economia è del tutto scollegato da qualsiasi politica che Obama ha implementato o avrebbe potuto scegliere?

Ma questo non è il fatto che mi ha colpito a proposito di questo modello statistico! Quello che mi ha impressionato è vederlo applicato alle passate elezioni (esercizio contenuto nel paper pubblicato da Hibbs) e notare che non si nota *alcun* effetto Watergate nel 1974 e *nessun* effetto impeachment nel 1998.

Per fornire un minimo di riferimento, i repubblicani fecero meglio di quanto predetto dal modello nel 2002 mentre andarono peggio nel 2006; entrambi i risultati potrebbero essere attribuiti senza troppi problemi agli attentati terroristici e alla guerra in Iraq (ma leggete qui sotto).

I repubblicani fecero peggio del modello, di circa 20 seggi, nel 1970, fatto che attribuirei ai bombardamenti in Cambogia e al “massacro” della Kent State. Nel 1994, i repubblicani fecero meglio del modello per (circa) una dozzina di seggi, il che potrebbe essere un riferimento utile per stabilire di quanto (ed in quale direzione) saranno sbagliate le stime questa volta.

Comunque rimango profondamente scettico nei confronti di un modello statistico secondo il quale le dimissioni di un presidente nel 1974 o l’impeachment di un altro nel 1998 non ebbero alcun effetto nelle successive elezioni di medio termine.

Va beh – comunque questo non è certo il primo modello fatto dal professor Hibbs.

AUTO-PRECISAZIONE CAVILLOSA:  Mettere a confronto risultati al di sotto e al di sopra delle previsioni con eventi non legati all’economia (come ho fatto qui sopra nel caso del 1970, 2002 e 2006) ha un certo senso, visto che questo modello non incorpora specificamente altre variabili (Hibbs pubblicò un modello per le elezioni presidenziali detto “Pane e Pace“).

D’altro canto, ogni giorno i notiziari finanziari contengono alcune buone notizie, alcune cattive ed i movimenti del mercato. Talvolta la connessione è ovvia; altre volte quello che è ovvio è che il giornalista semplicemente si è detto “vediamo, il mercato è andato meglio quindi penso che la causa siano le buone notizie”. Forse la connessione è esatta o forse il fattore scatenante è stato un altro, ignorato dai giornalisti ma non dagli investitori.

PRECISAZIONE CAVILLOSA BONUS:  Continuando ad occuparsi del Watergate, i dati del 1974 sono stati usati per stimare i parametri del modello; quindi, in effetti, è stato l’evento del 1974 a trascinare l’intero modello verso di sé. Forse i risultati del modello sarebbero stati diversi, tanto da far notare un ‘effetto Watergate’, se il 1974 fosse stato escluso dai dati usati per calibrare il modello. O forse la crisi economica del 1974 creò un clima tale da consentire agli oppositori di Nixon di costringerlo alle dimissioni, mentre nel 1999 Clinton riuscì a sopravvivere grazie alla crescita economica che mantenne alta la sua popolarità.

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